“Un vino deve essere buono fin da subito, e saper invecchiare con il passare degli anni”
Il padre fu uno dei fondatori della cooperativa di Terre del Barolo, per questo motivo le loro uve non sono mai state vinificate e imbottigliate se non per un uso famigliare. Quando questo si ammalò, Flavio prese le redini del lavoro in campagna ed in cantina, finché decise di imbottigliare la sua prima bottiglia di Dolcetto, nel 1989. Il dolcetto fu il primo vitigno che imbottigliò e che ancora oggi valorizza, nonostante sia il più problematico da lavorare e con un ritorno economico minore. La sua maestria si dimostra proprio a partire dal suo dolcetto, che crea in due versioni: la classica e la superiore.
“Vini rari ed autentici, espressione di un tempo che si è fermato.”
Nella sua cantina ha sempre seguito in prima persona tutta la produzione, conosce ogni ceppo delle sue vigne e ogni sfumatura dell’evoluzione dei suoi vini che mette in commercio dopo lunghissimi affinamenti in legno, andando ben oltre il minimo previsto dal disciplinare. Affinamenti che avvengono in vecchissime barrique che fungono semplicemente da contenitori, dove i sentori di legno ceduti al vino sono davvero pari a zero. La sua è un’arte, una conoscenza approfondita della materia prima che dalle sue mani non scappa, che in ogni annata domina nel migliore dei modi, tarandosi sugli affinamenti in modo da farla apprezzare al meglio una volta aperta la bottiglia.
I suoi vini, 6 etichette totali di cui un Barolo: cru Ravera ed un nebbiolo STREPITOSO, sono tutti decisi e profondi, emozionanti e contadini.
